ANNO 14 n° 119
Spunto di Vista Curve, ultras e tifoserie, ecco cosa spinge a identificarsi in un gruppo
>>>> di Elisabetta Zamparini <<<<
07/11/2014 - 00:03

di Elisabetta Zamparini

VITERBO - Quante volte guardando la partita della vostra squadra preferita avete considerato l’avversario incapace e da disprezzare solo per il colore della maglia o per l’aspetto fisico?

Succede perché quando facciamo parte di un gruppo tendiamo a omogenizzarci, cioè a minimizzare le differenze e le rivalità, per sentirci parte di un’identità comune e di uno spazio di condivisione. Questo meccanismo ci spinge a spostare fuori il nostro gruppo tutti i sentimenti negativi che si possono provare, come l’aggressività e l’invidia, a discapito del gruppo degli avversari.

Essere tifoso di una squadra influenza anche la nostra identità, ci identifichiamo con quella squadra e tendiamo a imitare il nostro idolo. L’identificazione non si limita alla copia del taglio di capelli ma s’intende una forma di legame emotivo con la persona che è assunta come il nostro modello.

Far parte del gruppo che consideriamo migliore degli altri contribuisce a costruire e a mantenere un’idea di sé positiva che influenza il nostro livello di autostima e l’immagine che abbiamo di noi stessi.

Negli stadi si manifesta spesso il fenomeno della categorizzazione automatica in rapporto con gli avversari, ossia se un giocatore è scorretto e lo si appella a cretino, è facile generalizzare quest’aggettivo a tutta la squadra e anche alla tifoseria.

Le squadre competono tra di loro per un premio e questo fa percepire gli avversari come una minaccia alla vittoria, che può essere presa come un riscatto personale nella vita quotidiana. Allo stesso tempo le emozioni personali tendono ad allinearsi a quelle della propria tifoseria, proprio per provare quel sentimento di coinvolgimento e condivisione che caratterizza il gruppo. E’ cronaca che troppe volte queste emozioni si manifestino in modo eccessivamente intenso provocando la violenza negli stadi.

Il tifo può diventare aggressivo ed eccessivo, espressione di virilità, di forza fisica; i tifosi violenti si riconoscono in questo gruppo spesso accumunato anche da idee politiche e ragionano secondo gli estremi amico-nemico.

Non si può sapere con certezza se questi fenomeni sono il risultato di una tendenza all’aggressività e ai comportamenti violenti del singolo o se sono il prodotto dell’ambiente, cioè i comportamenti aggressivi che potrebbero essere appresi all’interno di determinati contesti dei tifosi. Sicuramente ci sono molti fenomeni sociali che influenzano il gruppo come l’estremismo politico, il razzismo e l’uso di alcol e droghe all’interno degli stadi.

All’interno del gruppo, in tutti i contesti di incontro, il tifoso apprende delle regole, dei modi di comportarsi e la gerarchia.

All’interno dei gruppi di tifosi c’è un’organizzazione di ruoli e status, una suddivisione di compiti, delle regole specifiche sia per la conquista che per il mantenimento dei ruoli. Il tifoso così è portato ad assimilare i comportamenti degli altri tifosi per inserirsi nel gruppo, in un contesto comune.

Alcune teorie sostengono che lo sport ha la funzione fondamentale di permettere lo sfogo delle pulsioni aggressive; lo spettacolo sportivo permetterebbe al tifoso di esprimere la propria aggressività che non trova sfogo in altri percorsi. Durante la visione della partita il tifoso condivide a pieno ogni sensazione dell’atleta e se il rilassamento dopo la tensione non è sufficiente a placare l’aggressività, l’individuo agisce in modo violento, con la conseguenza che questo può avere all’interno del gruppo.

In Italia i provvedimenti contro il singolo non hanno ottenuto gli effetti desiderati e la violenza non è diminuita. Le leggi italiane sembrano essere solo una risposta immediata all’opinione pubblica piuttosto che soluzioni concrete. Nonostante gli studi e le ricerche effettuate si assiste ancora a espressioni di violenza negli stadi e ci sono ancora molte cose da capire per tenere sotto controllo questo fenomeno e limitare i danni al minimo.

Se desiderate approfondire questo o altri argomenti ecco la mail a cui scrivere per suggerire i nuovi articoli della rubrica: elisabetta.zamparini@gmail.com.





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